Il teatro trasformato in sala di tribunale, un’esilarante parodia della giustizia
di Matei Visniec
traduzione Debora Milone e Beppe Rosso
regia Beppe Rosso
aiuto regia Yuri D’Agostino
adattamento Beppe Rosso e Lorenzo De Iacovo
con Lorenzo Bartoli, Francesco Gargiulo, Andrea Triaca, Angelo Tronca e con venticinque cittadini nel ruolo dei testimoni
scene e luci Lucio Diana
costumi Agostino Porchietto
riprese video Eleonora Diana
sound Massimiliano Bressan
tecnico di compagnia Adriano Antonucci
costruzione scene Marco Ferrero
produzione A.M.A. Factory
Un progetto A.M.A. Factory realizzato nell’ambito di SOW – Seminare la crescita e Fertili Terreni Teatro, con il sostegno di Ministero della Cultura, Città di Torino, Regione Piemonte, Torino Arti Performative, Fondazione Compagnia di San Paolo, in collaborazione con Piemonte dal Vivo nell’ambito del progetto Corto Circuito, con il patrocinio di Città di Torino, Circoscrizione 7, Accademia Romena di Roma, Accademia Romena di Venezia, Consolato Romeno di Torino.
Lo Spettatore Condannato a Morte, scritto nel 1985, è ambientato in una sala di tribunale, ed è una frenetica commedia-processo in cui attori, giudici, testimoni, avvocati, regista e spettatori si confrontano e si fondono. È un’esilarante parodia della giustizia dove si intravede il funzionamento delle dittature presenti e passate, nonché i loro avatar nelle nostre “democrazie” contemporanee. Con il pretesto di esaminarne il funzionamento, l’opera di Visniec, mette in scena i diversivi più iniqui del mondo giudiziario. Il suo umorismo nero ci fa riflettere su una giustizia che a volte può sfuggire di mano, in modo delirante, come quando la ricerca ossessiva del colpevole diventa fine a sé stessa e la macchina giudiziaria possa allora schiacciare le persone oneste a scapito della “verità”.
È anche, soprattutto, un gioco di teatro nel teatro che mette in contraddizione i rapporti tra attore e pubblico, la loro interdipendenza, attraverso una carambola di colpi di scena, contrasti stridenti, non-sense logici che creano una complicità reciproca. Gli attori si confessano e si mettono a nudo nel loro amore-odio per il pubblico che provoca un potente coinvolgimento del pubblico stesso, parte integrante dell’allestimento. Partecipante è anche l’impianto scenico dotato di proiezioni video dove vengono riprodotte, in quanto oggetti di testimonianza da mettere agli atti, fotografie degli spettatori e degli attori in momenti della serata stessa, registrati all’entrata e nella sala teatrale.
Un allestimento che mescola generi e registri, divertente, assurdo e corrosivo che riflette sul valore giudiziario, sul suo malessere universale e sul valore contraddittorio del teatro.
È uno spettacolo “partecipato” con quattro attori professionisti e venticinque cittadini, preparati all’arte del teatro attraverso un percorso formativo, che di sera in sera si alterneranno nell’interpretare la parte dei “testimoni” in questo assurdo “processo”. Dopo Attenzione alle Vecchie Signore Corrose dalla Solitudine (2013) e Troppi ormai su questa Vecchia Chiatta (2017), Beppe Rosso mette in scena un terzo testo di Matei Visniec, amato per la sua profondità e senso di ironia.
NOTE DI REGIA - Beppe Rosso in un'intervista di Livio Partiti, Ilpostodelleparole.it
«Con il pretesto di esaminarne il funzionamento, l’opera di Visniec, mette in scena i diversivi più iniqui del mondo giudiziario. Il suo umorismo nero ci fa riflettere su una giustizia che a volte può sfuggire di mano, in modo delirante, come quando la ricerca ossessiva del colpevole diventa fine a se stessa e la macchina giudiziaria possa allora schiacciare le persone oneste a scapito della “verità”. Ma è anche, soprattutto, un gioco di teatro nel teatro che mette in contraddizione i rapporti tra attore e pubblico, la loro interdipendenza, attraverso una carambola di colpi di scena, contrasti stridenti, non-sense logici che creano una complicità reciproca.»
dal 30 novembre al 10 dicembre – San Pietro in Vincoli – Torino
«Testo dalle molteplici chiavi di lettura, Lo spettatore condannato a morte di Matei Visniec, scrittore e drammaturgo rumeno trapiantato da anni in Francia, è partitura teatrale la cui definizione deve andare oltre la facile etichetta di parodistica commedia in tema di giustizia: con la traduzione di Debora Milone e Beppe Rosso, sua anche la regia, la piéce di Visniec rivive in scena per la rassegna torinese Fertili Terreni Teatri all’interno dell’ex cimitero di San Pietro in Vincoli, spazi per l’occasione trasformati in aula di tribunale con tanto di scranni per un giudice, avvocati dell’accusa e della difesa, un cancelliere. In questa cornice, capace di strappare ben più di una risata per ottanta minuti filati, prende forma in realtà un processo ben diverso da quello immaginato in scena: indagando con attenzione tra le righe di una scrittura da subito evidente nella sua matrice di “teatro politico”, è palese come il processo farsa intentato al muto spettatore sia in realtà un feroce j’accuse verso l’omologazione di una società incapace, o forse consapevolmente restìa, a non alzare la voce ed a non ribellarsi, al non dire “io non ci sto” quando sarebbero auspicabili decise prese di posizioni. Insieme ai cittadini che hanno partecipato al laboratorio tenutosi nelle settimane precedenti l’allestimento, Lorenzo Bartoli, Francesco Gargiulo, Andrea Triaca ed Angelo Tronca sono i quattro applauditi interpreti ogni sera chiamati a far rivivere una commedia-processo dall’epilogo affatto scontato: se infatti nell’aula si celebra il dibattimento prima ad uno spettatore, e poi all’atto creativo dell’arte stessa, in chiusura di rappresentazione fuori dalla sala imperverserà una rumorosa ribellione, collettiva presa di coscienza e forse elemento indispensabile, sembra suggerire l’autore, per ogni forma di cambiamento.»
«Un giudice, un procuratore, un avvocato difensore, un cancelliere, un’aula, un accusato che non parla, piuttosto sorride, nonostante il contesto veleggi tra il farsesco e l’inquietante. Ma è tutta una finta. Nessuno sarà davvero giustiziato. Siamo sul palco de “Lo spettatore condannato a morte” di Matei Visniec, diretto da Beppe Rosso per A.m.a. Factory in prima nazionale a Torino, a San Pietro in Vincoli Zona Teatro,. Siamo perché siamo tutti dentro, attori e spettatori, tutti giurati, garbatamente coinvolti. Contribuiscono ai quadri intrisi di drammaturgia dell’assurdo, con richiami a Eugène Ionesco, 25 interpreti non professionisti, per rimarcare il gioco della partecipazione, invocata da questo carnevalesco tribunale agito da marionette umane di altezze diverse. Così lo spiazzante e clownesco giudice di Angelo Tronca, lo squilibrato e ammiccante procuratore di Lorenzo Bartoli, il compito e tentennante cancelliere di Francesco Gargiulo, il tonante avvocato di Andrea Triaca, sono coadiuvati da cittadini che si alternano di sera in sera nelle vesti di testimoni. Un’esperienza pregna di sorprese, ben recitata, coraggiosa, significante. Un’azione di teatro politico, vicina, finalmente.»
« ‘Che entri il giudice’, siamo in una corte di giustizia e davanti a noi, con toghe nere, passo deciso e voce altisonante si dispongono un procuratore, un cancelliere ed un giudice appunto. Dalla regia di Beppe Rosso nasce il riadattamento del testo di Matei Visniec, un lavoro dagli intrecci notevoli e complessi, interpretato da attori professionisti e da alcuni partecipanti ad un precedente laboratorio dedicato allo spettacolo [...] Il protagonista è il pubblico ed in particolare uno spettatore che entra nell’occhio del ciclone della performance teatrale. A tutti i costi questo spettatore deve essere condannato a morte, le figure giudiziarie chiedono aiuto al pubblico per poterlo condannare, un pubblico che si manifesterà curioso e silenzioso seppur divertito. Il testo di Visniec vuole raccontare di come la giustizia, spesso, si perda nella delirante ricerca di un colpevole senza restituire la reale importanza della verità. Quanto è infatti necessario trovare un capro espiatorio nella società odierna? E’ altrettanto importante la scoperta della verità, del movente, di un perché? No, non lo è, l’esigenza umana di attribuire un volto alla rabbia e all’odio è naturale, la verità è invece una ricerca razionale, tipica di una civiltà intelligente, senza pregiudizi. Noi però siamo chiamati a giudicare e in uno scambio tra testimoni, pulito, veloce e dinamico, osserviamo, senza agire, il compimento di quella che sembrerebbe un’ingiustizia. “Forza uccidetelo, dai, uno di voi, si alzi e prenda questo fucile, uccidetelo”, il pubblico è talvolta confuso, quasi nessuno risponde alle sollecitazioni degli attori: chissà, forse perché sappiamo di essere ad uno spettacolo.»
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